Il Palazzo Pretorio
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le carceri
Il Palazzo Pretorio di Vicopisano è uno degli edifici più rappresentativi dell'edilizia civile medioevale presenti in provincia di Pisa. Inoltre le vicende storiche legate al Vicariato di Vicopisano hanno creato, a partire dal Quattrocento, un complesso ricco di interessanti testimonianze storico artistiche meritevoli di approfondimento.
La parte più antica del complesso è individuabile nel grande edificio in pietra verrucana degli anni a cavallo fra il XII-XIII sec., contraddistinto dai tre archi a sesto acuto raccordanti in alto i quattro pilastri in verrucano che ne costituiscono la facciata dagli inconfondibili toni giallo-ocra.
Dall'analisi dei vari fori pontari e delle mensole litiche che si osservano nel prospetto, è facile ipotizzare che l'esterno fosse caratterizzato dalla presenza di soppalchi lignei e balaustre (sporti), una caratteristica dei palazzi dell'epoca, che potevano così sfruttare uno spazio maggiore esterno all'edificio stesso. Assai caratteristiche sono le mensole di sostegno in verrucano, ornate con motivi antropomorfi (una mano) o geometrici (nastri e incroci di corde).
Purtroppo la mancanza di documenti editi ci rende difficile identificare la primitiva destinazione d'uso, anche se non appare improbabile la recente ipotesi di rintracciare in questo grande edificio un maestoso segno del potere feudale che i vescovi pisani esercitarono su Vico dal XI al XIII sec.
Lo testimonierebbero sia la mole imponente della costruzione, segno di un ricco committente , ma soprattutto la posizione preminente sulla sommità del colle, a dominio del castellum di Vicopisano, limitato a quei tempi alla parte sommitale del colle stesso.
Ad avvalorare ulteriormente l'ipotesi di un rapporto tra Palazzo ed Arcivescovi, c'è anche la sua vicinanza alla torre di S. Maria (ovverosia la torre che attualmente è inglobata nella Rocca del Brunelleschi), torre di sicura proprietà vescovile (almeno dal 1170), con la quale si veniva a costituire un complesso civile-militare, che rimarcava la tangibile presenza del dominio temporale degli Arcivescovi pisani.
Ma questa rimane sempre una ipotesi giustificata dalla totale assenza nei documenti di riferimenti certi a questo Palazzo, che entra nella "storia" solamente con il XV sec.
Siamo all'indomani della conquista fiorentina di Vico (1406), con la repubblica gigliata intenta ad un opera di riorganizzazione del territorio pisano, oramai entrato a far parte del dominio fiorentino.
Vicopisano, per la sua posizione strategica, si trovò al centro degli interessi fiorentini; il castello, che aveva resisto per nove mesi alle truppe fiorentine, diventò la sede del Vicariato delle Valli del Serchio e dell'Arno, denominato poi Vicariato di Vicopisano, una delle suddivisioni amministrative in cui dal Quattrocento fu ripartito il contado pisano (le altre facevano capo a Lari e Livorno). Il Vicario necessitava di una adeguata sede, sede che venne identificata nel "Palazzo posto verso S. Francesco". Siamo nel 1411, ed è questa la prima menzione del Palazzo, che da allora sino agli anni Venti del Novecento, sarà sempre utilizzato con funzioni pubbliche.
Il palazzo medievale però non bastava ad ospitare tutti gli uffici necessaria all'amministrazione di un vicariato molto vasto quale era quello di Vicopisano, per tale motivo fu necessario aggiungere delle stanze, adattando e collegando anche edifici preesistenti (ad esempio la torre del XII sec. sul lato Est). E' con questo periodo poi, che inizia l'usanza di applicare all'esterno ed all'interno del Palazzo lo stemma del Vicario, così che ancora adesso si conservano quasi cinquanta stemmi in marmo, maiolica e pietra serena, mentre con i recenti restauri sono stati ritrovati anche alcuni stemmi dipinti.
Alcuni degli stemmi in maiolica provengono dalla bottega dei Della Robbia di Firenze segno di una ricchezza del committente che, non bisogna dimenticare, doveva essere nobile e fiorentino.
Suggestiva è la Scalinata del Brunelleschi che dal piazzale antistante il palazzo scende fino alla Torre del Soccorso offrendo uno splendido spaccato del Camminamento di soccorso.
Le Carceri
Fin dal primo stabilirsi dei Vicari a Vicopisano, risultò necessario un luogo dove detenere i prigionieri che venivano sottoposti alla giurisdizione criminale del Vicario e della propria Corte.
Il Palazzo Pretorio risultò idoneo anche a questo compito e quindi ospitò, oltre alla residenza del Vicario, anche le carceri vicariali.
Già nel '500 le prigioni vengono suddivise in carceri pubbliche e carceri segrete, distinzione che permarrà anche nei secoli successivi.
E le migliaia di prigionieri che in 500 anni sono stati custoditi all'interno delle carceri non potevano non lasciare una traccia del loro passaggio, ed infatti ancora oggi sono conservate migliaia di scritte dei carcerati, testimonianza preziosa di sofferenze oramai dimenticate.
Tra i vari lavori nel Quattrocento furono aggiunte nuove stanze al fine di formare la corte chiusa alla quale si accede dall'entrata ad arco, mentre nel Cinquecento si iniziò a sopraelevare tutto il corpo a destra dell'ingresso.
Nel Seicento fu aggiunto il corpo in laterizio sulla destra del palazzo ed inoltre fu riorganizzato spazialmente l'interno, con nuovi lavori alle carceri segrete del secondo piano, ed il rifacimento delle volte del piano di residenza del Vicario.
Lentamente l'impianto originario del Palazzo venne adattato alle nuove esigenze, ed assunse l'aspetto attuale verso il XVIII sec. quando i lavori più importanti erano del tutto conclusi. A partire da quella data l'aspetto generale del palazzo non mutò di molto, mentre sicuramente cambiarono di aspetto le prigioni, che ancora alla fine del XVII sec. erano un luogo sporco ed insalubre.
Dopo l'abolizione della Pretura e del Carcere, avvenuta nel 1923, la struttura fu suddivisa al suo interno e modificata per accogliere residenze private sino alla metà degli anni Ottanta, quando rimase completamente abbandonato.
Nel 1986 iniziarono i lavori di ristrutturazione, necessari poiché parti del Palazzo erano oramai in rovina, sino alla nuova inaugurazione avvenuta nel 2000, che ha restituito leggibilità e dignità a questo complesso ricco di storia.
I graffiti delle carceri
Come già detto, Il Palazzo Pretorio di Vicopisano è stato, fin dal primissimo Quattrocento, luogo di amministrazione della giustizia e di carcerazione. Durante questo periodo le sue mura sono state le protagonista di una storia muta, a cui nessuno prestava ascolto, ma che era fatta di rabbia e delusione, di speranze tradite e di propositi di vendetta, una storia che vedeva come protagonisti uomini sconfitti, seppur temporaneamente, ma che affidavano alle pareti delle carceri i loro pensieri, le loro emozioni e la loro voglia di rivincita.
Queste scritte sono le protagoniste di un percorso umano che, un tempo segno di sconfitta, è adesso una testimonianza preziosa della voglia che l'uomo ha di sopravvivere alle proprie temporanee sventure.
Sulle pareti delle carceri sono rimaste le testimonianze dei prigionieri che nel corso dei secoli vi hanno soggiornato: nomi e calendari, proclami di fede politica, avvisi per gli altri carcerati, richieste di aiuto e appelli a quelli che escono, si susseguono e si sovrappongono sui muri e gli intonaci delle celle.
Come le antiche pergamene, che venivano grattate per essere riutilizzate, le pareti delle carceri di Vicopisano nel corso dei secoli sono state più volte intonacate e ridipinte per cancellare i messaggi dei prigionieri, cosicché, oggi, scritte antiche affiorano sotto quelle più recenti, creando una suggestiva stratificazione documentaria, un collage di parole e disegni tracciati con la povere rossa dei mattoni, con il fumo delle candele, graffiti con chiodi sui pavimenti e nell'intonaco, e che narrano della condizione dei carcerati, delle loro idee, della rabbia che hanno verso le istituzioni e ci rivelano sentimenti vivi e voglia di libertà.
Soprattutto le celle delle Carceri Segrete, poste al piano superiore del palazzo, hanno le pareti ricoperte dalle tracce lasciate dagli anarchici e comunisti arrestati nel periodo che va dai primi anni del secolo al ventennio fascista.
Sono i "ribelli" della zona, preventivamente fermati in specifiche occasioni per motivi di pubblica sicurezza; sono i perseguitati politici, gli oppositori al regime fascista che transitano nelle carceri di Vicopisano e che si ritrovano assieme ai prigionieri comuni.
Nelle loro scritte i nomi di personaggi famosi: Lenin, Malatesta, Pietro Gori, Caserio, più famosi sì, ma uniti a loro dalla medesima sorte, un modo forse per sentirsi meno soli in una lotta che si sapeva impari.
E poi i nomi dei nemici: fossero essi Mussolini o la Regina Elena, i giudici "che fanno farsi verbali ed arrestano abbusivamente" o i pescecani, scrivendoli su un muro si additavano come avversari e forse ci si sentiva più forti, ed in un certo senso si rinchiudevano anch'essi nel limitato universo delle carceri.
Ed ancora le scansioni del tempo che non passava mai: dalle semplici stanghette che venivano tracciate tutti i giorni, sino ad arrivare ai conti maniacali con cui si arrivava a calcolare i mesi che, mediante calcoli infiniti, divenivano giorni e poi ore e minuti, un metodo che misurava con i numeri, quindi in maniera oggettiva, l'enormità del proprio patimento, una misura dell'ingiustizia subita, che forse costituiva anche una fonte di orgogliosa consapevolezza.
Consapevolezza che spesso si traduceva in scritte in cui ci si riconosceva oramai come classe, e le "vaghe idee di socialismo" cominciavano a prendere forma, così che anche un semplice "sempre noi" cominciava ad assumere i contorni di una coscienza che era già di per se emancipazione e riscatto. E allora su queste pareti gli ingenui disegni che rappresentano l'anarchico con la bomba dalla miccia accesa oppure un festone sormontato dalla falce e il martello, si caricano di significati che vanno ben oltre la sventura del singolo che li tracciò, e giungono ad assumere una valenza di "monumento" alla sofferenza umana; ma anche più concretamente sono la testimonianza di un periodo storico molto vicino a noi, in cui la repressione della polizia, attuata mediante lo strumento della carcerazione, era l'ordinario linguaggio di oppressione che si opponeva alle idee di libertà di pensiero, parola e associazione.
Tratto dal Portale Turistico del Comune di Vicopisano.
Vicopisano Praetorian Palace is one of the most representative buildings building Medieval Civil present in the province of Pisa. In addition, the historical events related to the Vicopisano Vicariate have created, from the fifteenth century, a complex full of interesting historical and artistic merit in-depth.
The oldest part of the complex is detectable in the large stone building verrucana the years at the turn of the XII-XIII sec., Characterized by three arches to sixth acute filleting top verrucano the four pillars that form the facade of the unmistakable yellow tones -ocher.
An analysis of the various Pontari and lithic brackets holes that are observed in the table, it is easy to assume that the exterior was characterized by the presence of wooden balustrades and lofts (extruded), a characteristic of the era buildings, so that they could exploit an more space outside the building itself. Very features are the support brackets in verrucano, adorned with anthropomorphic (a hand) or geometric (strings tapes and junctions).
Unfortunately the lack of published documents makes it difficult to identify the primary intended use, though not improbable hypothesis of the recent track in this large building a majestic sign of the feudal power that bishops pisani exerted on Vico from the eleventh to the thirteenth century.
I would testify both the imposing size of the building, a sign of a rich owner, but especially the prominent position on the hilltop, the domain of the castellum of Vicopisano, limited at that time to the summit of the hill itself.
To further support the hypothesis of a relationship between the Palace and Archbishops, there is also its proximity to the tower of St. Mary (ie the tower, which is currently incorporated in the fortress of Brunelleschi), secure bishop tower property (at least since 1170 ), with which it was to be a civil-military complex, remarked that the tangible presence of the temporal power of the Archbishops of Pisa.
But this remains a hypothesis justified by the total absence in the documents of certain references to this palace as it enters the "history" only with the XV century.
We are after the Florentine conquest of Vico (1406), the Florentine Republic intent on a work of reorganization of the territory of Pisa, now became part of the Florentine dominion.
Vicopisano, for its strategic position, was the center of Florentine interests; the castle, which had for nine months to resist Florentine troops, became the seat of the Vicariate of the Serchio Valley and the Arno, then called the Vicariate of Vicopisano, one of the administrative divisions in which the fifteenth century was rebooted the Pisan countryside (the others were chief Lari and Livorno). The Vicar needed a proper home, home that was identified in the "Palace placed to St. Francis." We are in 1411, and this is the first mention of the building, which from then until the twenties of the twentieth century, will always be used with public functions.
The medieval palace, however, was not enough to accommodate all the necessary offices to the administration of a vast vicariate which was to Vicopisano for that reason it was necessary to add the rooms, adapting and connecting even existing buildings (such as the twelfth-century tower. on the east side). E 'with this time then, beginning the custom of applying outside and inside of the arms Palazzo del Vicario, so that even now are preserved almost fifty marble coats of arms, ceramic and stone, while the recent restorations They have also been found some paintings badges.
Some of majolica coats of arms come from the workshop of the Della Robbia Florence sign of wealth that the customer should not be forgotten, it had to be noble Florentine.
Striking is the Brunelleschi's Staircase from the square opposite the palace down to the Torre del Soccorso offering a stunning rescue walkway split.
The Prisons
From the first establishment of the Vicars in Vicopisano, it turned needed a place to detain prisoners being subjected to the criminal jurisdiction of the Vicar and his Court. The Praetorian Palace turned out also suitable for this task and then hosted, in addition to the residence of the Vicar, even vicarial prisons. Already in the '500 prisons are divided into public and secret prisons prisons, distinction that it will remain in the following centuries.
And the thousands of prisoners in 500 years were kept in prisons could not but leave a trace of their passage, and in fact still are conserved written thousands of prisoners, precious testimony of suffering now forgotten.
Among the various jobs in the fifteenth century new rooms were added in order to form the enclosed courtyard which is accessed from the arched entrance, while in the sixteenth century began to be banked to the right of the whole body. In the seventeenth century was added the brick body on the right of the building was reorganized spatially and also the interior, with new works to secret prisons on the second floor, and the rebuilding of the time of residence of the Vicar plan. Slowly the original structure of the building was adapted to the new requirements, and acquired its present appearance to the eighteenth century. when the most important works were entirely completed. From that date, the overall look of the building did not change much, but surely changed in appearance prisons, which still at the end of the seventeenth century. a place were dirty and unhealthy.
After the abolition of the District Court and the Prison, which occurred in 1923, the structure was divided inside and modified to accommodate private residences until the mid-eighties, when he was completely abandoned. In 1986 they began the renovations necessary because parts of the Palace were now in ruins, until the new inauguration in 2000, which returned readability and dignity to this historic complex.
Graffiti in the prisons
As mentioned, Vicopisano The Praetorian Palace was, from the very first Quattrocento, place of administration of justice and incarceration. During this time its walls were the protagonist of a silent story, to which no one paid any listening, but that was made up of anger and disappointment, betrayed the hopes and thoughts of revenge, a history that saw as defeated men protagonists, albeit temporarily but they relied on the walls of prisons their thoughts, their emotions and their desire for revenge.
These writings are the protagonists of a human path, once the sign of defeat, is now a precious testimony of the desire that man has to survive to their temporary misfortunes.
On the walls of the prison were the testimonies of the prisoners who over the centuries have stayed there: names and calendars, proclamations of political faith, a warning to other prisoners, requests for help and appeals to those who come, follow each other and overlap on walls and the plaster of the cells. Like the ancient parchments, which were grated for reuse, the walls of the prisons of Vicopisano over the centuries have been repeatedly plastered and repainted to erase the messages of the prisoners, so that, today, written in ancient crop up more recent ones, creating a evocative documentary stratification, a collage of words and drawings made with red bricks poor, with the smoke of candles, graffiti with nails on the floors and in the plaster, and that narrate the condition of prisoners, of their ideas, the anger that they to institutions and reveal to us the living feelings and desire for freedom.
Especially the Prisons Dungeons cells, located on the upper floor of the building, the walls are covered by the traces left by the anarchists and communists arrested in the period from the early years of the century to the Fascist period.
Are the "rebels" in the area, previously stopped on specific occasions for reasons of public safety; are the victims of political persecution, the opponents of the fascist regime that transit in the prisons of Vicopisano and who meet together with common prisoners.
In their written the names of famous people: Lenin, Malatesta, Pietro Gori, Caserio, the most famous yes, but joined them from the same fate, perhaps a way to feel less alone in a fight that he could learn. And then the names of the enemies: they were Mussolini or Queen Elena, the judges "who make themselves verbal and arrest abbusivamente" or sharks, writing them on a wall is mapped out as adversaries and perhaps we felt stronger, and in a sense they are also locked up in the limited universe of prisons.
And even scans of the time they never passed from simple bar lines that were drawn every day, until you get to the manic accounts with which they came to calculate the months, through endless calculations, became days and then hours and minutes, a method that measured with numbers, so in an objective manner, the enormity of their suffering, a measure of the injustice suffered, which perhaps was a source of our pride. Awareness that often resulted in written where you are now recognized as a class, and "vague ideas of socialism" began to take shape, so that even a simple "we always" was beginning to take on the contours of a consciousness that was already for if emancipation and redemption.
And then on these walls the naive drawings representing the anarchist bomb with lit fuse or by a festoon surmounted by the hammer and sickle, are loaded with meanings that go far beyond the misfortune of the individual who drew them, and come to assume a valence of "monument" to human suffering; but also more concretely are the testimony of a historical period very close to us, in which the police repression, implemented through the instrument of incarceration, was the ordinary language of oppression that was opposed to the ideas of freedom of thought, speech and association .
Source: Comune Vicopisano